Intervista a Jennifer Guerra

Chi è?

Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto “Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà” (2020) e per Bompiani “Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario” (2021).

Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro sulla tematica amorosa in relazione al sistema in cui viviamo? Da dove è nata questa esigenza?

Questo libro nasce da un articolo che ho scritto nel 2019 per The Vision, che a sua volta è frutto di una serie di esperienze personali che mi hanno fatto riflettere su quanto le nostre possibilità di amare siano limitate, dalla società e dal tempo che abbiamo a disposizione per amare. In particolare, io ho una relazione con un uomo di vent’anni più grande di me e il fatto che la nostra coppia sia in un certo senso “fuori norma” mi ha fatto rendere conto di quanto ancora in amore si richieda una certa normalità sociale, pena il giudizio e lo stigma. Posto che, aldilà dell’età, siamo comunque una coppia eterosessuale, monogama, sposata e quindi con dei privilegi. Poi c’è il fatto che per i primi quattro anni, questa è stata una relazione a distanza. Il continuo dover programmare e pensare ai momenti in cui potevamo finalmente rivederci mi ha portata a pensare al rapporto sempre più difficile tra tempo e amore.

In che modo il capitalismo ha influenzato il nostro rapporto con l’amore?

Le  influenze sono di due tipi. La prima è un’influenza materiale. Come dicevo, il tempo è cruciale e ne abbiamo a disposizione sempre meno per amare, perché la nostra esistenza è dominata dal lavoro e dalla performatività, al punto che anche quando non lavoriamo – cioè non svolgiamo delle mansioni retribuite – ci trasciniamo comunque dietro un senso di produttività che invade anche gli altri campi dell’esistente. E qui arriviamo alla seconda influenza, che io penso sia giusto chiamare ideologica. L’ideologia neoliberale della competizione, della performance, dell’auto imprenditorialità è presente nel nostro modo di amare, nel nostro modo di concepire l’amore e di metterlo in pratica.

Come evidenzi nel tuo libro, l’atteggiamento sociale nei confronti del sentimento amoroso è ambivalente e contraddittorio. Quali sono le due tendenze estreme nell’approccio all’amore e cosa ci stiamo perdendo?

Ci sono due tendenze fondamentali nei confronti dell’amore. La prima è l’ideale romantico, che è estremamente presente nella nostra produzione culturale: pensiamo ai film romantici, alle canzoni d’amore e ai romanzi rosa che continuano a dominare il mercato culturale. La seconda, all’opposto, è un forte cinismo e una forte disillusione nei confronti dell’amore, che è considerato come qualcosa di stupido, di non importante, o di totalmente illusorio. Sono entrambe visioni irrealistiche. Secondo me il problema è proprio che tanto l’ideale romantico quanto il cinismo più marcato privano l’amore della sua dimensione pratica, cioè il fatto che l’amore è un’azione e non soltanto un sentimento. Entrambe tendono a considerarlo come un qualcosa su cui si deve prendere una posizione e non come qualcosa che siamo noi a determinare concretamente.

In che modo i ruoli di genere influenzano il nostro rapporto con l’amore e cosa possiamo fare per liberarci da questi condizionamenti sociali?

Il principale responsabile del modo in cui il genere si manifesta nell’amore è il già citato ideale romantico. Secondo questo ideale uomini e donne hanno ruoli rigidamente separati nella ritualità dell’amore, che si riflette anche nella funzione sociale che uomini e donne ricoprono più in generale. Le donne hanno un ruolo passivo, come destinatarie dell’amore, mentre gli uomini fanno la parte attiva. Pensiamo a tutti i rituali del corteggiamento, secondo cui è ancora l’uomo a dover fare il primo passo. Il femminismo, in particolare quello degli anni ‘70, ha messo in discussione questi ruoli, li ha decostruiti, ma proprio perché l’amore è qualcosa di così forte e potente e qualcosa che ha una funzione regolatrice della nostro modo di organizzare società, facciamo ancora molto fatica a liberarci di questi retaggi. Altrimenti, non avremmo quella polarizzazione di cui si parlava prima. A livello individuale, bisogna provare a decostruire questi ruoli di genere, non solo quelli legati all’amore. Il problema è che il livello individuale non basta, ma serve un lavoro collettivo che vada al di là dei generi.

Perché, secondo te, l’amore è una questione politica?

Secondo me nell’essenza stessa dell’amore esiste una questione politica, cioè il prendersi cura dei bisogni altrui, che ci pone in una relazione politica con l’Altro. In senso più ampio, possiamo dire che politica e amore sono due campi che si influenzano reciprocamente. Dell’influenza della politica sull’amore ne abbiamo già parlato; quello che provo a fare con questo libro è il percorso inverso, ovvero provare a immaginare come l’amore possa avere un ruolo trasformativo dell’esistente.

Ci viene detto che l’amore è un sentimento sul quale non abbiamo nessun controllo. Come possiamo recuperare una dimensione attiva del sentimento amoroso?

Anche qui serve un lavoro di decostruzione, che parta dal mettere in discussione i modelli di relazione e di coppia che la società considera normali. Non penso ci sia un manuale di istruzioni. Per me è stata una consapevolezza che è arrivata da sé, in parte anche dalla mia esperienza personale. Ma credo che una volta che ci si mette in quest’ottica, la prospettiva sull’amore cambia radicalmente.

Che consigli daresti per riuscire a rimettere l’amore al centro delle nostre vite?

L’unico consiglio che mi sento di dare è provare a prendersi cura di sé e degli altri e mettersi in testa che la nostra vita non è fatta soltanto di lavoro. Purtroppo però servirebbe un cambiamento sistemico per far sì che si possa mettere veramente l’amore al centro della propria vita, e penso che come individui abbiamo un potere limitato di cambiare qualcosa di così grande. Ma comunque vale la pena provarci.

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